Assaporo l'oscurità. Chiudo gli occhi e tento di formare la tua immagine nella mia mente, più nitidamente possibile. E mi accorgo che quasi m'aggredisci ogni senso, come se la tua figura fosse solo un granello della penetrante forma di universo che sgomita nel mio intimo. Chiudo gli occhi, poiché solo in tal modo riesco a farmi trafiggere da mille lame, tra pena e dolore, tra paura e agitazione; per dare e non dare senso a ciò che scrivo.
Perché da quel giorno in cui la naturale essenza di stare al mondo affiorava nei nostri teneri abbracci ricolmi di paura, ho voluto spingermi sull'orlo del precipizio, sull'orlo dell'oblio. Avevo bisogno di spingermi, sin a quasi a sbattere il muso contro un bivio, cosicchè il passo successivo, per quanto piccolo, mi avrebbe permesso d'imboccare una via. Senza poter tornare indietro.
Perché quel maledetto gatto rosso è solo a una porta blindata di distanza. Ed è ora che io gli apra, sussurandogli: "Non sono qui per andarmene in silenzio nella notte".
E la fulgida e accecante luce si trova solo da una parte del bivio. Si, una sola.
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