sabato 27 giugno 2009

La fragilità di quel gigante di fronte a mamma e papà

Il mio primo contatto con la conoscenza lo ricordo bene: fin da subito mi era sembrata come un immenso gigante, la cui energia si sarebbe potuta infiltrare nelle falle del mio animo, sigillando ogni mia debolezza. Ne rimasi affascinato (soggiogato?), attratto, affamato e pensavo sinceramente che nella mia vita essa avrebbe potuto colmare ogni perdita. Immaginavo che aderire totalmente alla conoscenza significasse raggiungere un'inevitabile felicità: poiché le energie spese e il tempo trascorso ad imparare non avrebbero fatto altro che accrescere le mie capacità, rendendomi una persona migliore.

Con alti e bassi, con più o meno volontà, ho cercato di studiare con in mente questo insieme di idee. Oggi, però, basandomi su tale concezione, non sono più in grado di trovare la giusta spinta emotiva per continuare a imparare. Perché la conoscenza intesa in questo senso mi ha portato soltanto a manifestare arroganza, a voler sentirmi superiore agli altri con una motivazione che ritenevo giustificabile. Mi ha portato a provare rabbia nei confronti di un mondo che ritenevo troppo mediocre per meritare di esistere.

Pensare alla conoscenza, all'apprendimento, oggi mi fa sentire soltanto vuoto. Per questo stamattina (ieri), mentre mi trovavo ad un incontro dei giovani del PD con aErico e Gabbo, ascoltando quanto si diceva, la mia mente bacata ha cercato di rivoluzionare i concetti di cui ho raccontato prima. Ed allora ho iniziato a sognare una conoscenza il cui obiettivo principale fosse quello di unire le persone, di aggregare le idee di tutti perché nascesse qualcosa di nuovo, straordinario, unico, ma condiviso da tutti.

Ma il passo più importante, o almeno io lo ritengo tale, è stato quello di provare a riunire all'interno di un'unica sintesi i concetti di conoscenza e amore. Perché se dobbiamo intendere la conoscenza come mezzo per valorizzare e integrare le diversità, ho pensato che l'amore stesso potesse agganciarsi a quest'idea. Perché amare significa trovare quotidianamente il desiderio di volersi incontrare, la voglia di condividere e mettere insieme qualcosa che altrimenti, soltanto grazie ai singoli individui, non potrebbe esistere. Amare significa andare al di là delle diversità di cui io in prima persona sono spaventato; ma per quanto tutto questo sia difficile e faticoso, non posso non crederlo possibile, perché questa magia si ricrea ogni giorno di fronte ai miei occhi, tra persone che non avrebbero mai dovuto incontrarsi.

Nessun commento: