domenica 4 aprile 2010

L'odio

Sedici anni. Jeans scuri appena acquistati e t-shirt attillata. Il fisico asciutto e teso di una ragazzo che va in palestra tre volte a settimana. Mi ricordo sì, io mi ricordo.

Ero al pub con alcuni compagni del ginnasio, un sabato sera. Finiti i tempi del sovrappeso e della bassa statura, delle ferite e dell'umiliazione, sperimentavo il mio nuovo aspetto con la fredda esattezza con cui un etologo studia il comportamento animale. Qualcosa era cambiato, indubbiamente. Giulia mi toccava il braccio e voleva parlarmi in continuazione di qualcosa. Era ubriaca e avvicinava la sua faccia alla mia più del necessario. Non le badavo troppo, perché avevo adocchiato due ragazze che parlottavano tra loro e guardavano nella nostra direzione.

“Le conosci quelle due, Giu?”
“Quelle? Una è Viviana Fer***, l'altra Ilaria Qualcosa, fanno anche loro il Muratori. Sono in quarta alla sezione D. Scusa ma Vivi non la conosci??”
“E perché mai ci stanno guardando, Giu?”. Il mio tono all'epoca era qualcosa di alieno, l'unico paragone che mi viene in mente è la parlata di Alex in Arancia Meccanica (film che amavo e conoscevo a memoria).
“Fede a Viviana piaci quasi dall'inizio dell'anno, si capisce benissimo...”
“E perché mai le piaccio, Giu?”
“Mah...forse perché sei un ragazzo carino?”

L'odio è cominciato quel giorno, credo. Ovvero, se dovessi dire un momento esatto in cui è partito il mio odio nei confronti del genere femminile, potrei identificare quel giorno. Viviana era in quarta ginnasio, che è il primo anno di liceo classico. Non mi aveva conosciuto l'anno precedente, quando ero un basso e grosso looser. In pratica lei conosceva una versione di me che non corrispondeva alla versione reale. E così, senza mai avermi parlato, senza conoscere le profondità, i dolori e le frustrazioni della mia psiche, io le piacevo. Perché ero “un ragazzo carino”. Sentii dentro di me una sensazione stranissima. Avrei voluto dire a Giulia di aspettarmi un secondo seduta, alzarmi e dirigermi verso di loro. Poi estrarre un'arma e ucciderle. Loro in quanto rappresentanti di tutto ciò che odiavo. Di tutte le ragazze che mi avevano umiliato nei due anni precedenti.


Mai più, mi dissi. Mai più permetterai a queste persone di vedere quello che sei realmente, perché solo non conoscendolo non potranno infliggergli ulteriori ferite. Mai più conosceranno il ragazzo dolce e sensibile, spaesato, pazzescamente romantico, imbarazzantemente genuino, il ragazzo “bello” nel vero senso della parola che c'è dentro di te. Solo questo insensato involucro di plastica, questo razionale e statico automa avranno, se proprio lo desiderano, occasione di amare.

3 commenti:

Fede ha detto...

il RCVDF mi ha fatto giustamente notare che le due ragazzine avevano pieno diritto a comportarsi così, per ragioni biologiche ed evolutive.

voglio quindi precisare che non sto esprimendo un giudizio positivo sui miei pensieri e le mie azioni di allora, anzi! sto tuttora lottando (a 28 anni) contro questo modo di pensare, che mi porta solo infelicità e solitudine.

Il nero ha detto...

Credo anch'io che la cosa giusta da fare sia abbondonare progressivamente questo tipo di pensieri.

O meglio, tenerne conto per non trovarsi poi dall'altra parte, risultando altrettanto superficiali.

Di molte cose, per quanto ci abbiano fatto soffrire, alla fine non resta che prendere atto ed andare avanti.

Unknown ha detto...

La mia teoria è che tra i vari aspetti che si trovano in un rapporto di coppia l'attrazione fisica compie un ruolo fondamentale. E' sbagliato disprezzare o apprezzare una persona giudicando esclusivamente l'apparenza esteriore, però è proprio quell'apparenza esteriore a gettare le basi per la conoscenza approfondita, fase che segue. Difficilmente si riuscirà a stare con una persona che non si trovi attraente...