sabato 19 febbraio 2011

Ma io stesso

Ci sono dei luoghi nei quali entriamo in contatto con noi stessi. E non si tratta per forza di luoghi sacri, permeati di spirito. Il mio luogo, ad esempio, si situa all'estremo opposto della spiritualità, e dunque, per quanto insignificante, si tratta di un posto speciale. O almeno si trattava. Sì perché quando ci mettevo piede mi sentivo un'altra persona: o meglio, mi sentivo davvero io, senza il peso di quegli strati di esistenza costruiti l'uno sull'altro quotidianamente. Strati che indubbiamente sono essenziali per poter crescere intellettivamente, di cui non è possibile fare a meno perché, in un certo senso, contribuiscono anch'essi alla speranza di un futuro migliore. Tuttavia, ci sono momenti in cui, per riacquistare la sensazione di noi stessi, occorre liberarsene. Ecco perché quel luogo era importante. Perché per quanto il suo ruolo non fosse molto dissimile da uno spurga-tubi, non potevo assolutamente rinunciarci. Poi ho dovuto farlo. Non l'ho abbandonato, certo. Ho soltanto compiuto determinate scelte, di cui non mi pento affatto, che l'hanno reso un posto come un altro, un posto che come gli altri mi sovraccarica anziché liberarmi. Il problema è che non ho più alcuna valvola di scarico, non più un luogo in cui la mia interiorità che tende con facilità ad aggrovigliarsi possa in qualche modo distendersi. Per questo forse è necessario maturare. Perché indubbiamente ho ottenuto qualcosa di prezioso. E dunque, non deve essere quel luogo, ma io stesso.

3 commenti:

Fede ha detto...

nerion ma non avrai mica abbandonato il ballo latinoamericano?

Il nero ha detto...

no fadi: a proposito tu quando vieni a ballarne?

Fede ha detto...

spesso e volentieri! penso ad aprile...