
Da discreto (e nell'immaginario di tanti finto) ingegnere quale ritengo di essere, non posso far altro che prostrarmi di fronte all'assolutezza totalizzante che caratterizza la matematica e i numeri. Manipolabili, quest'ultimi, secondo logiche particolari, secondo algoritmi che potremmo definire tutt'altro che fittizi. Perché la matematica, per quanto complicata e astratta possa essere, non è nient'altro che una realizzazione (molto spesso a livello ideale) di ciò che potremmo definire verità. I numeri, in fondo, sono ciò che occorre a dimostrare la validità di una certa teoria oppure, qualora ci si riferisca al mondo aziendale, servono a dimostrare la forza e la qualità di una certa impresa. I numeri sono il fattore che determina la credibilità. I numeri, per la congiuntura economica che dobbiamo (e ancora di più dovremo) affrontare, sono stati lo sperone a cui molti hanno tentato di aggrapparsi. Un'arma a doppio taglio che ha dilaniato le mani (e i sogni) di molte persone le quali, persino di fronte all'evidenza nell'impossibilità di far quadrare i conti, sono state soggiogate e ammaliate da parole e stimoli che offrivano un simulacro del sogno americano.
I numeri, nella loro assolutezza densa di verità, hanno dimostrato che è possibile creare il denaro dal nulla. Da pozzi oscuri che nell'intricato mondo algoritmico divengono improvvisamente miniere d'oro, che disorientano nella differenza sostanziale e reale esistente tra parole come reddito, realizzazione concreta dell'espressione della forza lavoro, e credito. Che non saprei esattamente come definire ma, come dimostrato dalla scelleratezza con cui sono stati concessi i cosiddetti mutui subprime, è diventato un concetto piuttosto evanescente, soprattutto per coloro che il mutuo non se lo possono permettere. Ma in fondo il mondo della finanza, specialmente negli ultimi dieci anni, si è basato proprio sul distorto ingigantirsi dei fondi concretizzato dalla verità matematica. E la riprova ci viene dalla testimonianza di un giovane italiano direttore esecutivo di una delle più importanti società di intermediazione economica degli Stati Uniti. “Sapete, confessa ai microfoni di AnnoZero, quando ho cominciato la mia carriera a partire degli anni '90, i requisiti richiesti consistevano in una conoscenza approfondita del mondo aziendale, di come funzionava un'impresa nella sostanza. Da dieci anni a questa parte, invece, all'interno della nostra società hanno iniziato ad approdare i matematici, coloro che sapevano giocare con i numeri.”
Mi fa sorridere pensare al fatto che mai come oggi, nel dissesto finanziario che il mondo si trova a dover affrontare, tutti avremmo bisogno di un po' più di verità. Tutti avremmo bisogno di sapere cosa dobbiamo fare, tutti avremmo bisogno di ciò che la matematica decanta, ma che paradossalmente ci ha portato dove ci troviamo oggi. Eppure, oltre oceano, c'è un ragazzetto dal volto oscuro (non perché fa paura sia chiaro, anzi io lo ritengo un bell'uomo), che propone qualcosa di diverso. Che ci invita a tornare all'essenza, a mettere al centro dei propri pensieri gli esseri umani, poiché sono essi stessi il motore dell'economia. Perché probabilmente come tutto il mondo occidentale ha provato sulla propria pelle, tentando di reagire alla compressione causata dall'imponente forza produttiva di paesi emergenti come la Cina, la precarietà e l'abbassamento progressivo dei redditi non ha portato a una crescita economica, ne tanto meno a un maggiore benessere. E se l'economia non è in grado di sostenere chi ne ha bisogno, qual è allora il vero senso che dobbiamo attribuirle? Uomo nero (anch'egli definito tale per un ventennio che mai più sarà :)), affidiamo a te le nostre speranze e quelle degli americani che, in un momento tanto difficile in cui lo stesso modello economico che ce li ha fatti sembrare così immensi ora è imploso su stesso, hanno ancora voglia di sognare. E, per quel che può valere, Uomo Nero non farti ammazzare e avremo ancora speranza che nell'immaginario della gente ci sia ancora speranza.
Appunto personale: ma l'amore va vissuto come il sogno americano?
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