martedì 6 gennaio 2009

Breve trattato sulla decompressione

Nella maggior parte dei rapporti di coppia, e con tale espressione mi riferisco in particolare a quelli post-adolescenziali, è possibile intercettare quotidianamente una fase temporale detta di "decompressione". Durante lo svolgersi di tale fase, la coppia trascorre il proprio tempo nel letto, sommersa dalle lenzuola fin sopra il naso, senza fare alcunché. Naturalmente, la distanza che separa i due silenti interlocutori è brevissima, cosicché entrambi percepiscono reciprocamente il profumo emanato dal partner, che avvolgendoli determina uno stato di suadente torpore.

E in entrambi i corpi convivono sensazioni differenti: se da un lato il desiderio sessuale determina la necessità di un vero e proprio intreccio animalesco fra i partecipanti, dall'altro la sensazione di pace rigenerante che contraddistingue quel determinato momento imprigiona quei corpi come in una sorta di bozzolo. E malgrado gli istinti animaleschi di entrambi si amplifichino progressivamente, il sonno che deriva da questo serafico frangente potrebbe, in taluni casi, prendere il sopravvento. Non sempre ovviamente. Anzi, l'agognato atto molto spesso prevale e si concretizza, fintantoché non viene definitivamente portato a termine.

La decompressione, dunque, definisce quel determinato stato dell'animo che si frappone fra il desiderio sessuale e il sonno profondo. Rappresenta quella fase che scoglie gli animi di due individui che si amano e non hanno bisogno di null'altro, se non di quel momento. Il problema fondamentale è che il bisogno incessante di decompressione si manifesta altresì nella solitudine. Ma purtroppo, in questo specifico caso, tale bisogno per quanto pressante non trova sfogo in alcunché.

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